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Il Carmine abbraccia il suo priore, 40 anni al suo servizio

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Per i malanni del fisico o dell’anima, padre Raffaele Schiavoni consigliava sempre una medicina: «Tre Gloria al Padre alla Santissima Trinità e passa tutto», diceva. Per 26 anni è stato un punto di riferimento per l’Oltrarno e per i fedeli della basilica del Carmine: a lui va dato il merito di aver fondato, nel 1993 insieme a padre Tiziano e padre Clemente, la comunità del Carmine, un esempio di collaborazione tra laici e frati che dura ancora oggi. Ieri mattina padre Raffaele «è tornato alla casa del Signore», fa sapere il priore padre Duranti che oggi, alle 15, accoglierà nella basilica di piazza del Carmine il provinciale padre Roberto Toni, i rappresentanti della Curia fiorentina e i terziari carmelitani per l’ultimo saluto a quel confratello che aveva sempre la battuta pronta e che mai, anche di fronte alle avversità, «si è buttato giù. Ma anzi era la nostra pietra d’angolo. Era lui che, nonostante la malattia, ci dava forza e coraggio». Fra Raffaele Schiavoni era nato 90 anni fa — avrebbe compiuto gli anni il 25 novembre — ad Arquata del Tronto, e dopo la professione nel Carmelo del 1946 e l’ordinazione sacerdotale del 1955, è stato nei conventi di Pisa, Lugo e Castellina. «I suoi due capisaldi erano la preghiera e la confessione — continua padre Raffaele Duranti — e aveva una grande devozione per la Madonna. In questi ultimi giorni di sofferenza non si è mai lamentato, e a chiunque gli chiedesse come stava lui ripeteva “lasciatemi andare a casa…”». Padre Schiavoni, fino al 2000, è stato priore del Carmine (ma precedentemente aveva ricoperto anche l’incarico di provinciale) e un forte sostenitore di quella comunità — formata oggi da tre frati, tre famiglie, una suora e un’anziana — che è cresciuta nel tempo fino a diventare parte integrante del convento e del rione. Amava la buona cucina e il vino, tanto che ogni qualvolta, a pranzo o a cena, alzava il calice diceva: «A me il vino piace buono e tanto. E ora buon appetito». Padre Raffaele passava le sue giornate in chiesa a meditare, seduto nelle panche che danno sulla Cappella Brancacci, e lì — ricordano le donne e gli uomini della comunità del Carmine — «Accoglieva tutti, consolava chiunque ne avesse bisogno e avvicinava le anime all’amore e alla conoscenza di Gesù». Nonostante la malattia lo avesse molto provato, padre Schiavoni, negli ultimi giorni di vita, ha continuato a celebrare la messa perché «amava l’Eucaristia e aveva bisogno di parlare con il Signore… E adesso, come ha sempre desiderato, potrà anche incontrarlo».

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