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50esimo Comunità di Nazareth Mater Dei

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Carissimi fratelli e sorelle, non è facile in questo momento essere da questa parte per celebrare questo evento così particolare che evidentemente mi coinvolge in prima persona visto il legame che sempre c’è stato con questa comunità e credo che le parole più belle che vorrei rilanciare a voi sono proprio quelle del Vangelo che abbiamo ascoltato. Gesù dice a Nicodemo, Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio onigienito.

Dietro a queste parole mi sembra ci sia proprio il segreto di ogni vocazione e della vocazione a questa comunità, Dio ha tanto amato il mondo, l’iniziativa è sempre di Dio e Dio che manifesta quest’amore consegnando a noi il suo figlio. E allora veramente ogni vocazione è esperienza di quest’amore che poi diventa vita, no? E questa vita è visibile, 50 anni di storia, chi più chi meno lo ha vissuto. Se in tanti siamo qui è perché ognuno, chi all’inizio, chi a metà, chi forse negli ultimi anni ha conosciuto l’esperienza di questa comunità, come ha conosciuto l’esperienza di tante vite, no? Sacerdotali, religiose, anche matrimoniali, di persone che con la loro vita, con la loro presenza, testimoniano quest’amore di Dio.

Ma appunto, come ci dice il Vangelo, quest’amore di Dio parte sempre da un’iniziativa che non è la nostra, perché noi siamo povere creature. L’iniziativa è sempre la sua e la bellezza della nostra vita cristiana è proprio questa, no? Accogliere qualcuno che per primo ci ha amato, accorgersi che tu sei stato amato fino a questo punto da dire il tuo sì a quest’amore.

Poi può essere nella vocazione sacerdotale, religiosa, matrimoniale, laicale, questa poi diventa la risposta concreta, ma alla base di tutto credo ci sia proprio questa parola, no? Così bella che oggi ci viene consegnata e che Gesù con tanta semplicità dice a Nicodemo, no? Il mistero della vita cristiana è proprio questo. Dio ha fatto questo per te e tutto questo appunto non è una frase fatta, no? Tutto questo non è semplicemente un qualcosa che viene ancora una volta proclamato, ma è esperienza di vita, perché chi ha fatto esperienza di quest’amore appunto riesce poi a trasmettere quest’amore.

Nel Vangelo la parola dare il proprio figlio assume un significato ancora più bello, no? Letteralmente significa consegnare. È come se il padre dicesse ad ognuno di noi, ecco ti consegno mio figlio, lo metto nelle tue mani, lo metto nella tua vita, tu scegli che cosa volerne fare, no? E sappiamo anche dal Vangelo di Giovanni come Gesù è venuto come luce, l’uomini lo possono avere accolto come luce o come tenebre.

Quando tu lo accogli e questa consegna diventa il bene più prezioso che tu ricevi, tu sei portatore di luce, no? Quando questa accoglienza diventa poi rifiuto, diventa opposizione, è lì che nascono le tenebre, no? Dio ha mandato il suo figlio perché questo figlio diventi davvero salvezza per tutta l’umanità. E allora oggi celebrando anche la festa dell’esaltazione della croce capiamo bene, no? Noi non celebriamo un atroce strumento di tortura, non siamo così sadici, no? Non siamo sadici nel godere di fronte ad una sofferenza barbarica come la morte in croce.

Noi celebriamo ciò che la croce rappresentano, il segno massimo di quest’amore di Dio per noi, il segno di coloro che guardando al crucifisso riconoscono che siamo stati amati fino a questo punto, no? Non c’è amore più grande, dirà Gesù, di colui che dà la vita per la persona che ama. E allora quando io mi scopro portatore, ricevitore di quest’amore, questa diventa la mia risposta, no? E credo che questo sia un po’ anche il segreto della vita di questa comunità, no? Che per 50 anni oggi ricordiamo il momento in cui è nata, no? Mi sento così amato, accolgo quest’amore di Dio nella mia vita che poi rispondo, no?

Nell’esperienza quotidiana rispondo nella semplicità di ogni giorno a ciò che il Signore mi ha dato, no? E allora vorrei così come raccogliere quasi in cinque elementi, no? Un po’ l’esperienza pensando alle sorelle di Poggiochiaro ma anche alla vita di ognuno di noi, no? Perché noi celebriamo i 50 anni della loro vita ma credo che questa celebrazione debba essere di incoraggiamento, di forza e di in qualche modo aiuto, no? Anche a noi perché la loro vita, la loro esperienza diventi per ognuno segno e desiderio di incontrare sempre più profondamente il Signore, no? Non è semplicemente un bellissimo anniversario.

Attraverso questo proprio il poter incarnare nella nostra vita questo amore del Signore. E allora un primo elemento che mi sembra bello, no? Sottolineare per ognuno è proprio questo primato di Dio nella nostra vita, no? Credo che questo sia un primo messaggio anche dal Vangelo ma anche dall’esperienza di queste sorelle, no? Il primato di Dio nella mia vita. Un po’ come anche il Padre ci ha sempre ricordato, no? Dio al primo posto, no? Il mio unico obiettivo, lo dice il Vangelo, lo ha raccolto evidentemente anche il nostro Padre, è quello di annunciare il Vangelo. Il mio obiettivo è quello di rimanere unito al Signore.

E questa è anche l’esperienza dei discepoli secondo gli evangelisti. Il discepolo è chiamato a stare con il Signore. Il discepolo è mandato a predicare ma al contempo prima ancora di questo a vivere e a sperimentare quotidianamente quest’amore di Dio, no? E queste sorelle, come del resto tutta la sapienza della Chiesa, ce lo ricordano, no? Ce lo ricordano attraverso questo primato di Dio, nella preghiera, nel silenzio, nella quotidianità.

E credo che questo sia un valore per ognuno di noi, no? Per me sacerdote e anche per la nostra vita, no? Questa riscoperta di un Dio che mi ama e solo nella misura in cui anch’io nella preghiera, nella contemplazione, nel silenzio incontro quotidianamente quest’amore di Dio, allora veramente poi sarò capace e riuscirò in qualche modo anche a testimoniarlo agli altri, no? Gesù stesso ci ha dato questo esempio, no? Qualche giorno fa lo leggevamo nel Vangelo di come passava le notte in orazione, no? E questo non è soltanto per dare a noi questa parola, no? Tra virgolette di questo contatto con il Padre perché la sua vita fosse davvero emanazione di quell’amore del Padre e non semplicemente il desiderio di portare avanti se stesso, no? Un secondo elemento credo sia importante, no? Guardando a queste nostre sorelle a 50 anni di vita è veramente, no? La testimonianza di come è possibile vivere insieme secondo la legge del Vangelo, no? È possibile vivere insieme guardando unicamente al Vangelo e guardando a quell’unico comandamento che Gesù ci ha dato, no? Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi. Sappiamo bene che loro non hanno una regola nel senso di canonicamente retta, non fanno parte di un istituto canonicamente retto, è una scelta di vita dove da laiche, da battezzate, hanno deciso e vivano insieme secondo questa legge del Vangelo. E allora nove donne, no? Pensate, no? Nove donne insieme che per 50 anni hanno vissuto così.

È una testimonianza, no? Basta questo. A volte è difficile andare d’accordo in due, no? Allora aumentate il numero delle persone, il numero delle teste, perché chiaramente credo che dietro ci sia proprio quest’unico obiettivo, no? Quello davvero di incarnare lo spirito del Vangelo. Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi. E sappiamo bene, penso lo immaginate anche voi, lo posso immaginare anch’io, no? Che in questi 50 anni non tutto è stato facilissimo, no? No, sorella, non è che tutto sia stato rose, fiori, sempre tutto bello, no?

Noi le vediamo qui ridendo, le vediamo serene, ma penso che nella vita quotidiana, come nelle famiglie, nelle comunità religiose, ovunque ci siano stati momenti di difficoltà, no? Momenti nei quali quello dice, uffa, mi hai proprio stufato, no? Io non ti sopporto più. Eppure che cosa ci spinge ad andare avanti? Questo amore reciproco, no? E questo credo sia un interrogativo per tutti noi, no? Anche per me religioso, abituato con una struttura più canonica, no? Dove abbiamo bisogno di regole, dove abbiamo bisogno di superiori, eccetera, eccetera, no? Si può vivere insieme, si può vivere comunitariamente, si può dare esempio di questa comunione nella misura in cui veramente si cerca di vivere quel comandamento, amatevi l’un l’altro come io ho amato voi.

E questo, come dicevo prima, non diventa altro che la risposta, no? Di quel Dio ha tanto amato il mondo da dare la mia vita per me. Allora se io mi sento amato così, sarò capace, forse nel mio piccolo, di amare anche forse un’infinitesima parte di come il Signore mi ha amato, no? E questa è la risposta, no? La risposta proprio nella vita quotidiana e nel servizio di ogni giorno. Ancora, credo che un altro elemento di cui dobbiamo essere riconoscenti a partire proprio da noi sacerdoti, no? È questo puntare sempre, no? Su questa prigliera per le vocazioni. E veramente in questo gli devo, gli dobbiamo dire grazie, no? Perché parlo per me, ma penso di parlare a nome di tutti i miei fratelli sacerdoti, no? Ci siamo e ci sentiamo sostenuti nel nostro cammino sacerdotale.

Ci sentiamo sostenuti da una comunità che offre la loro prigliera e il loro sacrificio, la loro vita in particolare, per i sacerdoti e per le vocazioni sacerdotali. E allora credo che questo, suppongo che se ci fossero qui le sorelle a parlare al posto mio direbbero la stessa cosa, no? È un invito per ognuno di voi, per ognuno di noi, a prendere a cuore questa grande missione, no? Sappiamo quanto è difficile la vocazione sacerdotale, sappiamo quante difficoltà ci sono, sappiamo anche come non è facile in questo contesto storico portare questo messaggio e vivere pienamente la tua vita. La testimonianza di queste sorelle, no? Il fatto di sapere che loro ci sono, che loro pregano, che le loro porte sono sempre aperte, come lo sono state fin dal primo momento anche del mio cammino vocazionale, no? Nei vari momenti più o meno difficili che possa aver trovato.

Ecco, questo credo sia di grande aiuto, no? E di grande consolazione per noi ed un invito a tutti voi, no? A prendere sempre più a cuore questa questa missione che Gesù stesso ci ha dato, no? È uno dei pochi comandamenti chiari che abbiamo nel Vangelo. Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe. Loro hanno preso sul serio questo invito di Gesù, ma questo loro prendere sul serio è perché attraverso di nuovo la loro vita ognuno possa sentire questa responsabilità, possa sentire questa forza, possa sentirsi spinto a fare allo stesso modo, no? Forse non vivendo dentro la comunità di Poggio Chiaro, ma sicuramente offrendo la loro preghiera, la loro vita, l’offerta della vita di ogni giorno per questa missione.

E sappiamo bene, no, come i frutti realmente poi durante questi anni ci sono stati, perché ci sono tante persone che offrano questa preghiera, no? E offrano il loro sacrificio proprio per questa missione. E questo, allora, in questo giorno è un incoraggiamento per tutti, no, a continuare e a vivere sempre più in risposta di questo dono che il Signore ci ha fatto e attraverso di loro viene ancora manifestato e ci invita a portarlo avanti. Il quarto elemento che vorrei sottolineare, no? La bellezza di una vita, come per ognuno di noi, dove Marta e Maria, così mi piace pensarlo, vivano insieme, no? Preghiera e lavoro, preghiera e attività.

La vita dell’uomo è così, non esiste solo preghiera o solo attività. Oggi si dice che Marta e Maria, secondo quel racconto proprio del Vangelo di Luca, devono andare insieme, no? E queste sorelle, come del resto la vita di ognuno di noi, dovrebbe essere sempre animata da questi due elementi, no? La preghiera come incontro con il Signore e poi l’attività, il servizio, quella che è la vita di ogni giorno, secondo la vocazione specifica. E anche in questo Gesù stesso ci dà l’esempio, no? Di come la sua giornata sia proprio vissuta all’insegna di una forte attività, ma a contempo, accompagnata da questa comunione con il Padre.

E anche questa, allora, attraverso queste sorelle, diventa un richiamo per ognuno di noi, no? Diventa un richiamo, ovviamente, per me sacerdote, religiose, ma anche per le famiglie, senza preghiera. Non si può mantenere viva una famiglia, no? Senza quell’incontro con il Signore non si può vivere pienamente la propria vocazione, perché le difficoltà ci saranno, ci saranno i momenti di crisi, ma la forza e il sostegno viene proprio da questo incontro vivo e da questa presenza con il Signore risorto nella nostra vita. E infine, e concludo, l’ultimo elemento che mi sembra importante.

Nell’arco del loro cammino di questi cinquant’anni, per chi li ha conosciuto fin dall’inizio, c’è stato, come per ogni vocazione, la bellezza di una trasformazione. Sono nate nei primi anni, diciamo in maniera più, permettetemi il termine monastica, più chiuse, nel senso di una vita più ritirata, no? I primi anni della loro vita appoggio chiaro. E poi, piano piano, questo desiderio di testimoniare, di annunciare questa preghiera per le vocazioni, le ha portate ad una sempre maggiore apertura, no? Per annunciare ciò che sentivano dentro. Allora, prima, mi ricordo, cominciarono gli incontri appoggio chiaro del martedì o del giovedì, ora non ricordo esattamente qual era il giorno iniziale, e poi si è aperta la comunità del sabato, e poi via via, fino a questi ultimi anni, no? Il loro impegno anche nelle parrocchie, no? Testimoniate anche dalla presenza del vicario qui di Sesto, Don Giuseppe, no? Che dove loro vanno e aiutano la comunità a pregare proprio per questa grande missione dell’offerta e della preghiera per le vocazioni.

E anche questa è la bellezza di ogni vita, un po’ come anche per noi carmelitani. Siamo nati come ordine monastico e poi ci siamo come trasformati, no? In quel cammino degli ordini mendicanti che ci ha portati a diffondersi e a realizzare questo carisma all’interno della Chiesa, lì dove il Signore ci mandava e lì dove si aprivano queste porte. E allora appunto per questo ringraziamo il Signore, no? Vorrei a nome appunto di tutti ringraziare il Signore e lo Spirito per questo dono che ha fatto alla nostra famiglia, al movimento La Famiglia e a noi in modo particolare sacerdoti, no? La presenza di queste sorelle.

Ed è bello anche questo vedere come veramente lo Spirito suscita al di là delle autorità, al di là degli ordini, al di là di quelle che sono anche tutte quelle situazioni istituzionali, no? Che si trovano nella Chiesa.E allora veramente nel ringraziare ancora queste sorelle chiediamo proprio allo Spirito Santo, no? Che ancora susciti novità di vita, no? Nel 74 questa esperienza era, nasceva, no? E nasceva per ispirazione delle prime tre sorelle che cominciarono questo cammino e poi via via si è diffuso, no?

E sicuramente questo Spirito non smette di parlare, no? E non smette ancora di far sentire come veramente la vocazione laicale è importante, no? All’interno della loro comunità appunto non ci sono superiore, non c’è la madre generale, non c’è un ordine istituito, ci sono un gruppo di sorelle che vivono l’esperienza del battesimo, che si lasciano guidare dallo Spirito, che chiaramente all’interno hanno il loro riferimento secondo quello che ognuno di noi ha sperimentato l’una dell’altra e poi appunto ad uscire allo Spirito ogni giorno continuano a camminare.

Per questo dobbiamo dire grazie a loro, dobbiamo ancora dire grazie al nostro padre, no? Che li ha accompagnate, li ha guidate, le ha in qualche modo incoraggiate, no? Io ricordo che io ero qui in convento, ero postolante, diciamo così, e il lunedì sera, no? Il padre tutte le sere veniva da voi, dormiva da voi e questo, no? Come una volontà da parte sua davvero di aiutare questa comunità a maturare e a dare quei frutti di cui oggi noi gustiamo, no? Dopo cinquant’anni di vita. Grazie davvero sorelle, no?

Grazie al Signore della vostra risposta e davvero uniti insieme camminiamo incontro a Cristo perché ognuno di noi possa avvertire quest’amore di Dio nella sua vita e possa testimoniarlo a partire proprio da quella vocazione che il Signore gli affida e che attraverso di voi si manifesta e diventa segno visibile di ciò che il Signore ci affida e ci custodisce. Diciamo la nostra preghiera, diciamo con fiducia, aumenta la nostra fede, Signore.

Aumenta la nostra fede, Signore, per la Santa Chiesa nel celebrare e vivere con fede il mistero pasquale sia per il mondo strumento di salvezza e redenzione preghiamo aumenta la nostra fede, Signore. Per i sacerdoti e i consacrati la loro vita offerta a Dio sia segno vivente del suo amore tra gli uomini e canale di salvezza per quanti vorranno accoglierne il dono preghiamo.

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