Il Foglio Aprile 2010

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APRILE 2010

Cercando una risposta – 2° parte

di P. Agostino Bartolini

Se viene domandato all’uomo della strada, come recentemente è stato fatto più volte, il perché degli avvenimenti o della sorte riguardo ad una persona, ad una famiglia, ad una comunità, ad una nazione, al mondo intero, le risposte sono molteplici e svariatissime. Alcune delle quali, tanto per conoscerle, si ritiene opportuno riportarle appresso, eccole: “Il motivo è perché vi sono uomini fortunati e sfortunati”, “Nel mondo vi sono troppi poveri che non comandano e non possono far nulla ed hanno bisogno di tante cose, vi sono pochi ricchi di soldi e di potere e stanno bene perché possono far tutto, senza che nessuno dica loro nulla”. Ancora: “Il mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale”. Altri: “Ci sono delle persone astute e delle persone semplici, il mondo è per i furbi, per i citrulli non c’è paradiso”. Altri ancora:”Vi è chi nasce bene e chi nasce male, se il giorno sarà bello o brutto lo si vede dal mattino”. Continua: “L’analfabetismo, l’ignoranza, la credulità non portano mai bene a nessuno”, “Vi sono persone simpatiche e persone antipatiche, c’è chi attira l’attenzione e la benevolenza, c’è invece chi provoca antipatia e rifiuto”. “C’è chi sa smuovere e trascinare la piazza e fa fortuna a spese di chi ci crede, vi sono altri che, nonostante le loro buone qualità, non riescono a sfondare”. Altri rispondono: “Anche il Signore ha le sue simpatie. Non c’è nulla da fare; chi ci capisce è bravo”. Proseguono le risposte: “La colpa è delle donne perché non capiscono nulla e a causa di loro l’uomo perde la testa”.

La serie potrebbe continuare all’infinito, ma terminiamo, penso che basti il saggio che abbiamo avuto. Ritengo utile sapere come la gente, la gente umile e semplice, che è poi la migliore, la pensa riguardo a ciò che indirettamente o direttamente la riguarda.

Il dialogo, appunto, è fatto per conoscersi e a tale scopo è indispensabile uno scambio di esperienze, di idee, di sentimenti. Penso che nessuno possa atteggiarsi a maestro o a superiore degli altri, perché le nozioni, le conoscenze, le idee, l’esperienze di un uomo sono sempre limitate, ognuno ha le sue che spesso sono diverse da quelle degli altri, da qui la necessità dell’incontro, del confronto, del dialogo leale e sincero. Gli uomini si perfezionano a vicenda nell’intesa e nella collaborazione fraterna.

Non si deve emarginare nessuno, facendoli si corre il rischi di far mancare qualche voce o qualche pagina alla nostra raccolta di nozioni utili alla vita. In realtà siamo tutti uguali, tutti uomini bisognosi delle medesime cose, tutti torniamo polvere dalla quale veniamo.

Proseguiamo la nostra ricerca di una risposta che dia calma alla mente e speranza al cuore, cercando insieme troveremo più facilmente, tanto più che come credenti in Cristo, abbiamo la sua assicurazione: “Cercate e troverete,chi cerca trova”.

Anche il biblico Giobbe, colpito dalla perdita di tutti i suoi beni  materiali, dalla morte di tutti i suoi figli e dalla perdita della sua salute e ridotto a sdraiarsi su di un letamaio, si sfoga con Dio domandandogli ragione o risposta del perché di tutte le sue sventure. Basta che leggiamo il capitolo 7 del suo libro e ci rendiamo conto del suo tormento fisico, morale e mentale. Dio, però, interviene e con una specie di interrogatorio che fa a Giobbe lo illumina, da una risposta precisa alla domanda di Giobbe e lo convince pienamente, tanto che Giobbe, alla fine dell’esame fattogli da Dio, esclama: “Comprendo, Signore, che tu puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile a Te. Chi è colui che senza avere scienza può oscurare il tuo consiglio? Ho esposto dunque, senza discernimento, cose troppo superiori a me, che io non comprendo. Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono, perciò mi ricredo e ne provo pentimento”. (Giobbe 42, 1-6).

Anche l’autore del Libro dei Salmi a volte, colpito da sventure di vario genere, parlando a volte a nome proprio, a volte a nome del suo popolo, si sfoga e geme davanti a Dio chiedendo il perché di prove personali o collettive tanto dure, si rassegna poi perché ha compreso la ragione di tutto, o perché ha ricevuto un’illuminazione superiore la quale gli fa comprendere che il fardello di sofferenze sostenute è, a volte, permissione di Dio per provare e perfezionare i suoi eletti, a volte, invece, la causa è nel peccato personale o collettivo. Allora si comprende bene che in questa ricerca c’è bisogno di andare oltre, di andare più in alto e, ammaestrati dall’insegnamento e dall’esempio divino, bisogna spostarsi dal piano legale al piano della sapienza, dell’economia e della grazia divina, dalla constatazione umana alla speranza fondata sulla fede, dalla sapienza del mondo alla sapienza della croce, da una visione orizzontale nel tempo ad una visione verticale verso l’eternità.

Ordinariamente nel valutare le cose, di qualsiasi tipo e dimensione esse siano, l’uomo usa parametri  umani, Dio invece ha un suo parametro, una sua misura, un suo scopo che, in definitiva, è quello giusto, buono e santo. A conferma di quanto stiamo dicendo andiamo a confrontarci con la Parola Divina che è spirito ed è vita, che è verità e grazia. Nel Discorso della Montagna (Matteo 5, 3-11) Gesù chiama beati, a differenza di come li chiamerebbe la sapienza umana, i poveri in spirito, i miti e mansueti, i misericordiosi, i puri di cuore, i desiderosi di ordine, di giustizia e di pace, i tribolati, coloro che vengono odiati, calunniati, perseguitati a motivo del suo nome. Riguardo a questi il Cristo esclama: “Rallegratevi perché a voi appartiene il Regno dei Cieli”.

Nelle che il Divino Maestro da ai suoi discepoli, di ogni tempo e di ogni luogo, vi sono promesse di prove di ogni genere, ma vi è pure l’esortazione al coraggio e alla fiducia nel pensiero e nell’aiuto del Padre celeste, aiuto che non mancherà mai a coloro che credono in Lui, che lo amano e che perseverano con pazienza nella sua volontà.

L’apostolo Paolo esorta i cristiani alla fiducia ed alla speranza e perseveranza in qualsiasi occasione vengano a trovarsi perché: “Io penso che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che Dio ci manifesterà. Tutto l’universo attendo con grande impazienza il momento in cui Dio mostrerà il vero volto dei suoi figli. Non soltanto il creato, ma anche noi, che già abbiamo le primizie, soffriamo in noi stessi perché aspettiamo che Dio, liberandoci totalmente, manifesti che noi siamo figli suoi”. (Romani8, 18-23).

Anche l’apostolo Pietro, scrivendo alle comunità cristiane diffuse su tutta la faccia della terra, da la spiegazione piena riguardo al perché che ci facciamo in molte occasioni dell’esistenza terrena, ecco le sue parole: “Fratelli, siate ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere afflitti da varie prove, perché il valore delle vostra fede, molto più preziosa del’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo; voi lo amate pur senza averlo visto, e senza vederlo credete in Lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa mentre conseguite la meda della vostra fede, cioè la salvezza delle anime” (1Pietro 1, 6-9).

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