Il Foglio Ottobre 2010

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OTTOBRE 2010

Grandezza divina e pochezza umana

di P. Agostino Bartolini

Abbiamo parlato, nella precedente conversazione, per quanto ci è stato possibile, e riportando testimonianze validissime ed inconfutabili, quanto è santo, perfetto e grande Dio e quanto è misero e povero l’uomo. Questo lo abbiamo detto e meditato nella sincera ricerca di un più conveniente e giusto rapporto fra l’uomo e Dio al fine di conoscerlo meglio e di adoralo in spirito e verità perché Dio, che è purissimo spirito, così desidera i suoi adoratori.
D’altra parte la conoscenza di Dio da parte dell’uomo è fondamentale, secondo la bellissima espressione di Gesù stesso: “Questa è la vita eterna: che conoscano Te, Padre, unico e vero Dio, e Colui che hai mandato Gesù Cristo”.
Il Divino Maestro ci indica pure quali sono le disposizioni idonee per giungere alla conoscenza ed alla visione di Dio, alla visione per quanto è possibile alla natura creata perché Dio, che è il sovrano unico e beato, il re dei re, il signore dei signori. Egli solo è immortale ed abita in una luce alla quale nessuno si può avvicinare. Nessuno lo ha mai visto, né potrà mai vederlo. A Lui onore e potenza per sempre.
Gesù, però, ci ha fatto conoscere Dio perché Egli, pur essendo vero uomo, è anche vero Dio, Lui e il Padre sono una cosa sola. Allora il Maestro Divino ci ripete: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.
E ancora: “Ti ringrazio, Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.
Sforziamoci di essere puri di cuore e semplici di mente e di spirito, con vivo desiderio , con sincero studio e amorosa ricerca e preghiera, accingiamoci a questa meravigliosa rivelazione che Dio fa di sé stesso a coloro che lo amano, appoggiandoci con fiducia alla promessa di Gesù: “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, perché chi cerca trova, a chi domanda viene dato, a chi bussa sarà aperto”.
Ascoltiamo attentamente, col cuore e con l’anima, quanto ci viene rivelato dal Libro del Siracide riguardo alla grandezza di Dio: “Colui che vive in eterno creò insieme tutte le cose. Dio solo sarà riconosciuto giusto. Egli è re invincibile ed eterno. Chi potrà descrivere le opere sue? Chi potrà investigare le sue meraviglie? La potenza della sua grandezza chi potrà spiegare? Chi potrà giungere a raccontare la sua misericordia? Né togliere, né aggiungere si può alle meraviglie di Dio, né arrivare a scoprirle”. (Siracide 18, 1-5).
Il medesimo libro continua rivelandoci la pochezza dell’uomo e quanto Dio è benevolo e misericordioso verso la pochezza della sua creatura, rimettiamoci in attento ascolto: “Quando l’uomo avrà finito, sarà sempre da principio, e quando si fermerà resterà stordito. Che cosa è l’uomo e a che può servire? A che si riduce il suo bene e il suo male? Il numero dei giorni dell’uomo è molto se arriva a cento anni. Come una goccia di acqua nell’oceano, come un granello di sabbia, così quei pochi anni di fronte al giorno dell’eternità. Per questo il Signore è paziente con gli uomini ed effonde sopra di loro la Sua misericordia. Egli vede bene che malvagia è la presunzione del loro cuore, che deplorevole è la loro perdizione. Per questo con essi fa giungere al colmo la sua misericordia e mostra la loro la via dell’equità. La misericordia di Dio si estende ad ogni vivente. Essendo Egli misericordioso ammaestra e corregge gli uomini come il pastore fa con il proprio gregge. Egli ha pietà di chi riceve l’ammonimento della misericordia e di chi è sollecito nei suoi precetti”. (Siracide18, 6-14).
Mi pare che dal Salmo ora ascoltato risulti chiara, alla nostra mente, per nostra istruzione e consolazione, quanto è grande e misericordioso Dio, al quale dobbiamo rivolgere sempre tutto il nostro amore, la nostra aspirazione e la nostra fedeltà nell’osservanza dei suoi comandamenti che sono regola sicura di vita, di pace e di salvezza per tutti noi.
Adesso passiamo a considerare ancora la miseria e la pochezza dell’uomo al fine di mantenerci umili e di non presumere mai di noi stessi, ma di fidarci unicamente di Dio e affidarci a Lui. Ascoltiamo la parola dell’apostolo Paolo che parla di sé stesso e non faremo fatica a riconoscere in lui ciascuno di noi: “Io sono un essere debole, schiavo del peccato. Difatti non riesco a capire nemmeno quel che faccio: non faccio quel che voglio, ma quel che odio. Però se faccio quel che non voglio riconosco che la legge è buona. Allora non sono più io che agisco, è invece il peccato che abita in me. So, infatti, che in me, in quanto peccatore, non abita il bene. In me c’è il desiderio di bene, ma non c’è la capacità di compierlo. Infatti, io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio, non sono più io ad agire, ma è il peccato che è in me. Io scopro, allora, questa contraddizione: ogni volta che voglio fare il bene trovo in me soltanto la capacità di fare il male. Nel mio intimo io sono d’accordo con la legge di Dio, ma vedo in me un’altra legge che la mia mente approva e che mi rende schiavo della legge del peccato che abita in me. Me infelice! La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà? Rendo grazie a Dio che mi libera per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore”. (Rm. 7, 14-24).

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