Il Foglio Dicembre 2011

0
Condivisioni
WhatsApp Telegram

logoilfoglio

DICEMBRE 2011

Introspezione

di P. Agostino Bartolini

 

Un giorno Gesù si fermò con i suoi discepoli a Sicar, in Samaria, e stanco per la lunghezza del viaggio e per il caldo della giornata, si mise seduto per riposarsi al pozzo che il patriarca Giacobbe aveva scavato per dissetare la sua famiglia e le sue greggi.

I discepoli si recano in città per fare acquisto di qualcosa da mangiare.

Gesù rimane solo, sembra che attenda qualcuno, e questo qualcuno arriva poco dopo; è una donna della vicina città di Samaria venuta, con la sua brocca, ad attingere acqua.

Appena essa si appressa al pozzo Gesù le chiede: “Donna, dammi da bere!”.

La donna rimane meravigliata da questa richiesta di un ebreo perché, da secoli, fra ebrei e samaritani non correvo buoni rapporti. Un buon israelita non avrebbe mai accostato le labbra ad un recipiente di gente samaritana per non contaminarsi.

Da questa richiesta fra Gesù e la donna di Samaria viene imbastito un lungo dialogo, dialogo guidato dalla sapienza e dalla grazia divina la cui opera è condurre alla conoscenza della verità, all’accettazione della fede, ad un rinnovamento di vita.

Da una frase di Gesù nel lungo dialogo con la donna che gli sta davanti si viene a comprendere la bellezza, l’importanza ed il gradimento divino per questo rinnovamento spirituale di vita: “La donna esclama: “Signore vedo che sei un profeta. I nostri padri, i samaritani, adorano Dio su questo monte, il monte Garizim, voi in Giudea dite che il posto per adorare è in Gerusalemme”. Gesù le dice: Viene il momento in cui l’adorazione di Dio non è più legata a questo monte o a Gerusalemme; viene l’ora, anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo spirito e dalla verità di Dio. Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi portare e guidare dallo spirito e dalla verità di Dio”.(Giovanni 4, 19-24).

Quel che Dio richiede dai suoi adoratori non è l’osservanza, com’era nella legge antica, delle prescrizioni di un cerimoniale, queste norme, anche se belle e minuziose, non servono a Dio, ma servono agli uomini per tenerli legati in qualche modo affinché non scivolino nell’accettazione e nella pratica di culti idolatrici con tutte le loro storture ed aberrazioni riguardo alla fede ed alla morale.

Dio, essendo spirito e verità, santità ed amore, non richiede cose materiali dell’uomo, non può gradire soltanto l’esteriorità, non sono di suo gradimento tanti legalismi culturali, ma desidera l’assenso della mente dell’uomo, la docilità della sua volontà, l’ossequio del suo cuore, tutto l’uomo interiore, Dio desidera che l’uomo sia il suo regno, ma il Regno di Dio non grida in piazza, il Regno di Dio, lo afferma Gesù, è dentro di noi.

Dio non gradisce l’apparenza, ma desidera la sostanza, non l’imbiancatura o truccatura dell’uomo, ma la sua interiorità: mente, anima, cuore e spirito.

Chi è benedetto da Dio? Risponde il profeta Geremia: “Beato l’uomo che confida nel Signore ed il Signore è la sua fiducia”.

Dio stesso risponde al profeta Samuele nella scelta di un re per il popolo di Israele: “Non guardare al suo aspetto, né alla imponenza, né alla sua statura. Io l’ho scartato perché io guardo non ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore”. (I° Samuele 16,7).

Nella sua seconda tentazione, secondo il vangelo di Matteo, Gesù rifiuta di compiere il gesto spettacolare che senz’altro avrebbe attirato l’attenzione di moltissime persone presenti al tempio di Gerusalemme: ecco la risposta di Cristo al tentatore: “Non tentare il Signore Dio tuo”.

Nel Discorso della Montagna, o delle Beatitudini, il Maestro Divino esorta ad evitare la spettacolarità nel compimento di opere buone, quali sono le preghiera, il digiuno e l’elemosina. Trovandosi una volta al tempio di Gerusalemme osserva che molti fanno ostentatamente delle grosse offerte; fra questa gente, che cerca di attirare su di sé l’attenzione altrui per essere lodati per la generosità e ritenuti buoni osservanti della legge e zelanti per il decoro del culto, vi è anche una donna anziana, una povera vedova, povera davvero di beni materiali e di sussistenza, essa, avvolta nel suo velo per non farsi riconoscere ed in maniera furtiva perché nessuno se ne accorgesse, getta nel tesoro del tempio quello che ha, una miseria veramente. Rivolgendosi ai suoi discepoli presenti fa osservare ad essi e dichiara che quella poveretta ha offerto al tempio più di tutti gli altri perché ha dato tutto ciò che aveva e lo ha dato volentieri, con tutto il cuore.

Fra i molti insegnamenti ed esempi che abbiamo nel Vangelo spicca, per la sua chiarezza, semplicità e facilità di comprensione la parabola del fariseo e del pubblicano; ascoltiamola: “Due uomini salirono al tempio a pregare, uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così fra di sé: o Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano. Digiuno due volte alla settimana, pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava neppure alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: o Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico che questi tornò a casa giustificato a differenza dell’altro perché chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato”. (Luca 18, 9-14).

Il cammino di fede deve portarci ad una sincera introspezione concreta per giungere – completamente rinnovati – a celebrare con fiducia la Nascita di Gesù e la nostra.