Il Foglio Luglio 2011

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LUGLIO 2011

INVIDIA E GELOSIA

di P. Agostino Bartolini

Intendendo, o dovendo parlare di un argomento, penso che sia opportuno, anzi necessario, dare una definizione delle parole che compongono o esprimono l’argomento stesso.

Nel parlare comune, spesso, da molti si identificato i vocaboli “invidia” e “gelosia”; ma ad esaminarli tra loro vi è una notevole diversità di significato.

Con la parola “invidia” esprimiamo il dispiacere, il dispetto provato, la rabbia per il bene che altri possiede o riesce a possedere, o ad ottenere e conservare. Pertanto, con questo vocabolo, viene espresso il malanimo e la cattiva disposizione verso il bene materiale altrui.

 Con il vocabolo “gelosia” si intende, di preferenza, l’esagerata e smodata stima di sé e delle doti vere o supposte che uno crede di avere e fa di tutto, e lo pretende, che nessuno le sottovaluti, né le sminuisca.

L’invidia muove l’anima all’odio verso gli altri, all’azione  per nuocere, al godimento della sfortuna e del male altrui; è un’autentica cattiveria che ha provocato e provoca sempre discordie, ingiustizie e danni incalcolabili per numero e per entità. L’invidia è madre e causa di tante rovine materiali, morali, sociali, culturali e spirituali. E’ una delle caratteristiche dello spirito del male.

Con la parola gelosia, lo abbiamo già detto, si esprime l’esagerata e smodata stima di sé e delle proprie cose, vere o false che siamo, buone o non buone. E’ l’atteggiamento dei superbi, degli orgogliosi, degli egoisti e dei presuntuosi. Anche la gelosia è causa di molti mali di ogni ordine.

Per spiegarci meglio con degli esempi andiamo alla Sacra Scrittura, la quale, essendo tutta ispirata da Dio, è utile ad insegnare la verità per convincere, per correggere gli errori ed educare a vivere in modo giusto.

Partiamo dall’esempio di Giuseppe, figlio di Giacobbe, il quale, perché buono, è invidiato dai suoi fratelli, i quali, essendogli capitato fra le mani, lo minacciano di morte, lo spogliano delle sue vesti, lo gettano in una cisterna e lo vendono ai mercanti in cammino verso l’Egitto e fanno credere, al loro padre lontano, che una belva lo abbia divorato.

E’ caratteristico l’esempio del profeta Daniele il quale, ancora in giovane età per la sua onestà, competenza e fedeltà al re di Babilonia, viene da questi onorato e riconosciuto con l’affidamento di importanti incarichi e mansioni nel grande impero babilonese. I dipendenti del re, funzionari e ministri, invidiosi accaniti della posizione del giovane Daniele, perfidamente lo accusano presso l’imperatore stesso di infedeltà e di corruzione, tanto che riescono a farlo gettare nella fossa dei leoni dove avrebbe trovato sicura morte se la Provvidenza Divina non fosse intervenuta miracolosamente in suo soccorso.

Andiamo a qualche esempio di gelosia, tratto sempre dalla pagine della Bibbia. E’ tipico il fatto di Esaù, re di Israele, e del giovane David che ha affrontato il gigante Golia con il lancio di un sasso della sua fionda. La gente del paese inneggia alla vittoria riportata sui Filistei, ma al re sembra che la popolazione faccia più attenzione a David, che è il vero eroe, che non a lui che ha beneficiato della vittoria. Per questo motivo nel cuore di re Saul nasce ed arde un’invidia ed una gelosia così grande che cercherà, in tanti modi, la morte di David. Purtroppo, per questa sua mania di persecuzione, quel povero re procura a sé stesso la rovina e la morte.

L’invidia e la gelosia sono colpe gravissime perché vanno contro la generosità, contro le scelte, contro le disposizioni divine. Dio è libero di dare a ciascuno ciò che vuole, come vuole, quanto e quando vuole, e non fa torto a nessuno perché dona sempre del suo.

Ricordiamo la gelosia di Giosuè ed il suo tentativo di impedirlo nell’episodio della discesa dello Spirito Santo su due persone che non erano del numero dei settanta scelti da Mosè (confronta: Numeri 11, 25-29). Mosè a Giosuè: “Sei geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore. E volesse Dio dare a tutti il suo spirito”.

Il vangelo di S. Marco (cap. 9, 38-43) riporta l’episodio dell’apostolo Giovanni che proibisce ad un esorcista  di allora di compiere la sua opera caritativa, nel nome di Gesù, per il motivo che non faceva parte dei dodici. Gesù corregge Giovanni dicendo: “Non glielo proibite, chi non è contro di noi è con noi!”.

 Dio non è legato a nulla e a nessuno, è pienamente libero di agire come vuole. A volte l’uomo si ritiene in condizione di condizionare Dio stesso nella sua azione.

Gli Atti degli Apostoli ci riferiscono un episodio di gelosia da parte degli ebrei verso i pagani che vogliono convertirsi al Vangelo. Ascoltiamo: “Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la Parola di Dio. Quando videro quella moltitudine i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo bestemmiando. Allora Paolo e Barnaba dichiararono, con franchezza: era necessario che fosse annunziata  a voi per primi la Parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani. Così, infatti, ci ha ordinato il Signore”. (Atti 13, 44-47).

L’invidia e la gelosia della grazia altrui è uno dei peccati contro lo Spirito Santo, peccati che, come afferma il Vangelo, non sono perdonati né nella vita presente, né in quella futura.

E’ tanto bello non invidiare nessuno, non giudicare nessuno, non augurare né fare male a nessuno, ma augurare sinceramente e pregare devotamente per il veto bene, per la pace e la salvezza di tutti. Gesù ci da l’esempio: “Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò sé stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte, ed alla morte di croce”. (Filippesi 2, 6-11).