Il Foglio Maggio 2011
MAGGIO 2011
FRATELLI, NON PADRONI
di P. Agostino Bartolini
“Poi i discepoli di Gesù si misero a discutere per sapere chi era fra loro il più importante. Gesù si accorse dei loro ragionamenti; allora prese un bambino e se lo pose accanto e poi disse loro: “Chi accoglie questo bambino per amor mio accoglie me, e chi accoglie me accoglie il Padre che mi ha mandato. Infatti chi è il più piccolo fra di voi, quello è il più importante”. Giovanni allora disse: Maestro, abbiamo trovato uno che usava il tuo nome per scacciare i demoni e noi abbiamo cercato di farlo smettere perché non è uno che ti segue insieme a noi. Gesù gli disse: Lasciatelo fare perché chi non è contro di voi è con voi.” (Luca 9, 46-50).
E’ una tentazione per l’uomo, chiamiamola pure “inclinazione naturale” quella di sentirsi portato e disposto a confrontarsi con gli altri, i suoi simili, creature come lui ad immagine e somiglianza di Dio, ed a sentirsi superiore ad essi, se non in tutto, ma sotto certi aspetti qualitativi sì. Di conseguenza è portato a considerare gli altri da una certa distanza e da una certa altezza o posizione di superiorità con tutte le conseguenze logiche.
Eppure gli uomini sono tutti uguali, non vi sono uomini di serie “A” ed uomini di serie “B”; tutti gli uomini, di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo, appartengono tutti all’unica razza umana, la cui dignità non dipende dal colore della pelle, né dalla latitudine o longitudine in cui uno è nato; gli uomini nascono tutti alla stessa maniera, nel corso dell’esistenza terrena hanno tutti bisogno delle medesime cose, tutti muoiono e se ne vanno da questo mondo poveri e nudi, come povera e nuda era stata la loro prima comparsa sulla scena di questo mondo.
Gesù, il Maestro Divino, luce e salvezza del mondo, mandato dal Padre a redimere l’intera umanità con la santità del suo esempio, con la santità della sua parola e con l’efficacia del supremo sacrificio di sé al Padre per la vita di tutti, si accorge che i suoi discepoli , coloro che Lui stesso aveva scelto ed invitati a seguirlo, parlano, cercando di non farsene accorgere da Lui che tutto vede, tutto scorge e scruta nell’ intimo di ogni cuore.
Per richiamare i suoi e tutti noi, perché anche noi apparteniamo a Lui, alla verità ed alla giusta dimensione, da loro un esempio pratico per farsi comprendere bene; infatti sia le parole di Gesù, come le sue azioni ed i suoi atteggiamenti, sono un insegnamento per tutti, l’esortazione divina a noi rivolta è: “Abbiate lo sguardo fisso, come a un punto di riferimento e di orientamento, all’autore e perfezionatore della vostra fede, Gesù Cristo, il quale, pur avendo davanti a sé la gloria eterna, preferì l’umiliazione della croce perché noi avessimo la redenzione e la vita, e l’avessimo in abbondanza”.
Gesù, allora, prende un bambino, spesso nella valutazione umana il bambino non ha voce in capitolo e non ha importanza. Non è così davanti a Dio, quel bambino Gesù lo pone accanto a sé e lo mostra come esempio da imitare ai suoi discepoli, a tutti i discepoli, a chiunque vuol essere suo discepolo, perché nel bambino vi sono le condizioni, o disposizioni, necessarie di appartenenza al Regno di Dio.
I discepoli, però, non sembrano totalmente disposti ad accogliere, integralmente e gioiosamente, il messaggio di Cristo, cercano allora altri appigli, fanno ricorso a qualche altro cavillo pur di sentirsi e far vedere che essi sono, se non tanto, ma un po’ più superiori, diversi dagli altri.
Allora i fratelli Giacomo e Giovanni, figli del pescatore Zebedeo, pensando di fare cosa doverosa e buona, qualcosa in difesa del Maestro, impediscono la sua opera caritativa di esorcista ad uno che non va con essi, che non fa parte del loro numero.
Ordinariamente l’uomo è portato a valutare l’azione divina col metro umano, ma l’appartenenza a Dio, il modo di collaborare con Lui, il camminare sulla via dell’apostolato e della salvezza, sulla imitazione di Cristo, non si esauriscono nella limitatezza delle vedute di Dio, ma hanno un’ampiezza e varietà, sempre nella giustizia e nella verità, della veduta e del respiro della grazia divina,
“Perché glielo avete proibito? Chi non è contro di voi è con voi”. Afferma Gesù a Giovanni che si faceva vanto di aver fatto ciò che aveva fatto.
Può darsi, come di fatto si è dato nel passato e si dà ancora, che l’atteggiamento di Giovanni, cioè la sua personale iniziativa senza controllare se essa era o no secondo lo spirito del Maestro Divino, nell’ambito del cristiano, nella chiesa di Cristo, tra i fratelli che lavorano nel campo del Signore, si è tentai di sostituire a Dio il proprio io, di far credere che un semplice pensiero e sentimento umano, il pensiero ed il sentimento mio siano perfettamente consoni col pensiero ed il sentimento di Dio.
E’ rivelato che i propositi dell’Altissimo sono molto diversi dai propositi dell’uomo. Chi non è contro di noi è con noi; chi dice a Dio “Padre Nostro” ed a Cristo Gesù: “Signore mio e Dio mio” è un credente come noi, è un nostro fratello.
Non facciamoci guerra a vicenda, non ci emarginiamo l’un, l’altro, non ci giudichiamo e non ci condanniamo, non facciamo da padroni, lo afferma l’apostolo Pietro: “ora mi rivolgo a quelli che in mezzo a voi sono responsabili delle comunità. Anche io sono di loro, sono testimone delle sofferenze di Cristo e partecipo alla gloria che Dio mostrerà presto a tutti gli uomini. Non comportatevi come se foste padroni delle persone a voi affidate, ma siate un esempio per tutti. Quando verrà Cristo, capo di tutti i pastori, voi riceverete una corona di gloria che dura per sempre”. (I° Pietro 5, 1-4).