Il Foglio Marzo 2011
|
MARZO 2011Morte e vita – 1° Partedi P. Agostino Bartolini |
“Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli, infatti, ha creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è nessun veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra perché la giustizia è immortale. Si, Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece ad immagine e somiglianza della propria natura, ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono” (Sapienza 1, 13-15; 2, 23-24). Purtroppo, come ci dice il brano biblico sopra riportato, il diavolo, per odio contro Dio e per gelosia contro l’uomo, tentò questi ad andare contro l’indicazione del Creatore e per questa scelta sbagliata, ma libera e consapevole dell’uomo, la morte fece il suo ingresso nel mondo, nell’intera umanità, e da allora, tutti e ciascuno, in ogni tempo ed in ogni luogo, gli uomini, volere o non volere, fanno l’amara e triste esperienza di ritornare in polvere: “Ricordati, uomo, che sei polvere e polvere ritornerai”. L’uomo ha ingaggiato una lotta con tutti i suoi mezzi e le sue capacità e possibilità, una lotta contro la morte, ma i suoi sforzi non sono approdati a nulla, oramai è la sorte: “E’ stabilito che ogni uomo muoia una sola volta, e dopo la morte vi è il giudizio”. Non vi è bisogno di sottile ragionamento perché contro la realtà del cimitero non vi è argomento che valga. Anzi l’uomo che dice di combattere la morte e di non volerla, molte volte è proprio lui che le va incontro, che la provoca per se e per gli altri. Dio però, autore e padre della vita, il quale, secondo il Vangelo, è il Dio dei vivi e non dei morti, nella sua sapienza e nella sua onnipotente provvidenza, non abbandonò per sempre l’uomo alla sua triste condizione e schiavitù della morte in cui era caduto, ma cercò di liberare la sua opera, colui che Egli aveva creato a sua immagine e somiglianza, e riportarlo, attraverso un lungo cammino, alla bellezza dello stato di vita e di grazia da cui era decaduto. Nell’Antico Testamento, per mezzo della parola e l’opera dei profeti, Dio tenne viva ed alimentò la fede e la speranza nel cuore dei credenti in Lui in una vita ultraterrena, muore il corpo che viene dalla terra, ma l’anima che viene da Dio continua a vivere. La vita non è tolta, ma è trasformata, e mentre si distrugge la tenda materiale del pellegrinaggio sulla terra, si sta costruendo un’abitazione indistruttibile nel cielo. Il profeta Elia risuscita il giovane figlio della vedova di Sarepta di Sidone presso il quale aveva trovato accoglienza e sostentamento (1° Libro dei Re 17, 17-24). Il profeta Eliseo risuscita il bambino di una famiglia di Sunen presso la quale si era fermato ospite nei suoi viaggi e nei suoi spostamenti di predicazione (2° Libro dei Re 4, 29-37). Il secondo Libro dei Maccabei parla ampiamente e chiaramente di una certezza della vita eterna e della risurrezione finale. Dal Libro della Sapienza ascoltiamo riguardo a coloro che sono morti nell’amore e nella fede in Dio: “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero e la loro partenza da questo mondo fu ritenuta una sciagura da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità. Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come olocausto. Quanti confidano in Lui comprenderanno la verità; coloro che sono fedeli vivranno presso di Lui nell’amore perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi fedeli”. (Sapienza 3, 1-9). La promessa dell’azione di Dio riguardo alla redenzione dell’uomo dalla morte raggiunge la sua pienezza in Gesù Cristo, il quale è la via, la verità e la vita. Gesù, lo afferma Egli stesso,: “Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato, e la volontà del Padre è che io non perda nulla e nessuno di quanto Egli mi ha affidato, ma lo resusciti nell’ultimo giorno”. Gesù è venuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. La sera della sua ultima cena con gli apostoli Gesù istituisce il sacramento del Suo Corpo e del Suo Sangue, il sacramento dell’Eucarestia, e ci ripete: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo, chi mangia di questo pane vivrà in eterno. La mia carne è veramente cibo, il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo resusciterò nell’ultimo giorno”. Gesù, per dare un esempio di convalida della sua Parola, che è Parola eterna ed onnipotente, che realizza ciò che esprime, risuscita il figlio della vedova di Nain, risuscita la figlioletta del capo della Sinagoga di Cafarnao, risuscita Lazzaro di Betania, già morto e sepolto da vari giorni. La morte di questi ultimi due richiamati alla vita da Gesù, la chiama sonno, dal sonno, più o meno lungo che sia, ci si risveglia. A proposito della risurrezione di Lazzaro Gesù, rispondendo alla sorella Marta, afferma la grande e consolante verità: “Io sono la risurrezione e la vita, chiunque vive e crede in me non morirà in eterno ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Il Nuovo Testamento è ricchissimo di rivelazioni di verità che affermano la gloria dell’esistenza ultraterrena dell’uomo subito dopo la sua morte e la rivelazione della risurrezione finale alla fine dei tempi. Gesù Cristo, assumendo natura umana nel seno di Maria per opera dello Spirito Santo, ha incorporato a sé tutto il genere umano e lo ha reso partecipe della sua sorte, come nella morte così anche nella risurrezione dai morti alla fine dei tempi, quando Dio, per mezzo di Cristo, avendo annientato per sempre il potere della morte e dell’inferno, sarà tutto in tutti. Il Paradiso è questo, è tutto qui: “Dio tutto in tutti”. (confronta 1° Corinti 15, 35-58). |
Scarica il foglio completo in formato pdf ciccando sopra al files sotto:
[dm]16[/dm]