Il Foglio Novembre 2011

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NOVEMBRE 2011

ETERNITA’ ED IMMENSITA’ DI DIO – 3^ PARTE

di P. Agostino Bartolini

 

Un attributo di Dio, per noi consolantissimo, è che Egli è misericordioso. Sono moltissimi i passi della Sacra Scrittura che rivelano questo aspetto di Dio. Il Vangelo li riassume tutti con le frasi: “Dio è amore” e “Dio è Padre”, “Dio è volontà di salvezza”.

A testimonianza di questo consolantissimo di Dio a nostro riguardo riportiamo alcune frasi del Salmo 135 che, per ben 26 volte, ripete: “Eterna è la sua misericordia”. Ascoltiamo: “Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia. Lodate il Signore dei signori: perché eterna è la sua misericordia. Egli solo ha compiuto meraviglie: perché eterna è la sua misericordia. Ha creato i cieli con sapienza: perché eterna è la sua misericordia. Ha stabilito la terra sulle acque: perché eterna è la sua misericordia. Ha fatto i grandi luminari: perché eterna è la sua misericordia. Egli, nella nostra umiliazione, si è ricordato di noi: perché eterna è la sua misericordia. Egli ci ha liberati dai nostri nemici: perché eterna è la sua misericordia. Egli dona il cibo ad ogni vivente: perché eterna è la sua misericordia. Lodate Dio dei cieli: perché eterna è la sua misericordia”.

Proseguiamo la nostra conversazione soffermandoci alquanto su due attributi di Dio, li prendiamo per ultimi per poi concludere il nostro trattenimento al fine di non riuscire prolissi e fastidiosi, se già no lo siamo diventati.

Parliamo della unicità e della santità di Dio. Queste sono il pilastro della divina rivelazione e dell’insegnamento della Chiesa. Dio è uno solo, non possono esservi più dei. Non è possibile assolutamente che vi siano due eterni, due creatori, due immensi, due onnipotenti, etc.; si eliminerebbero a vicenda. Ascoltiamo la professione di fede e la preghiera che ogni israelita recitava e recita ogni giorno: “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do ti siano fissi nel cuore, li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando ti coricherai e quando ti alzerai”. (Deuteronomio 6, 4-7).

Ascoltiamo, a questo riguardo, anche l’apostolo Paolo: “Uno solo è il corpo, uno solo è lo spirito, come una sola è la speranza alla quale Dio ci ha chiamati, uno solo è il Signore, una sola la fede, uno solo il battesimo. Uno solo è Dio, padre di tutti al di sopra di tutti, che in tutti è presente ed agisce”. (Efesini4, 4-6).

Riguardo alla santità diciamo che Dio non ha la santità come accessorio o come ornamento, ma è Lui la santità, è Lui il Santo, l’unico veramente santo. Egli è l’origine e la sorgente di ogni santità. La creatura non è santa per natura, ma per partecipazione; solo da Dio, padre della luce, proviene ogni dono perfetto.

La creatura è santa solo in proporzione della sua apertura a Dio e secondo quanto Dio dispone al suo riguardo. Facciamo un esempio: la sorgente dell’acqua e il recipiente che l’accoglie. Il recipiente non può esaurire la sorgente, ma da essa riceve acqua tanto quanto ne accoglie e secondo la sua capacità.

I Libri della Legge ripetono al popolo di Israele e ai sacerdoti del Signore ciò che Dio dice ai medesimi per esortarli alla sua imitazione: “Siate santi perché io sono il Santo”. Il profeta Isaia, descrivendo la vocazione al ministero profetico, ha una grandiosa visione di Dio che gli si mostra circondato da schiere di angeli, i quali si alternano nel canto: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”. (Isaia 6, 3).

La proclamazione di Dio tre volte santo sta a significare una santità tanto alta, tanto grande, tanto perfetta che non può essercene una più grande e neppure uguale. Il medesimo trisagio, o canto di tre volte santo, è ripetuto dall’Apocalisse nella visione che l’apostolo Giovanni ha del Signore assiso sul trono celeste circondato da angeli, detti serafini, angeli che stanno continuamente davanti al trono di Dio. (Cifr. Ap. 4, 8).

Dal medesimo libro dell’Apocalisse prendiamo il brano che segue a conclusione del nostro trattenimento su Dio: “Accompagnando il canto con le arpe divine, cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio e il cantico dell’Agnello: “Grandi e mirabili sono le tue opere , o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o re delle genti!  Chi non temerà, o Signore, e no glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, poiché i tuoi giusti si sono manifestati”. (Apocalisse 15, 3-4).

A questo punto a noi non rimane altro che unirci ai cori angelici, con umiltà, devozione ed amore e cantare a Dio: “Santo, santo, santo sei tu Signore, Dio delle schiere degli eserciti celesti e Dio nostro”.

Questo bellissimo trisagio cantiamo soprattutto con la vita, perché a questo siamo stati chiamati: arrivare per la grazia di Dio ad essere santi ed immacolati davanti a Lui nell’amore.

Probabilmente ci siamo prolungati nel discorso, rendendoci prolissi e noiosi ai benevoli lettori, ma l’intenzione è stata quella di riuscire utili a qualcosa. Se questo scopo non fosse stato conseguito, chiediamo scusa a chi ci ha ascoltato e chiediamo a tutti perdono per il tempo che si è fatto sprecare inutilmente. Il tempo è una moneta tanto preziosa che nessuno può darci perché è esclusivamente dono di Dio. Il tempo è una grazia, è un’occasione che non si ripete, è un talento prezioso che ogni uomo deve tesoreggiare e trafficare con sapienza e sollecitudine, perché con questa moneta spesa bene si può acquistare la vita eterna.