Il Foglio Aprile 2012
APRILE 2012
LA GRANDE PROMESSA
di P. Agostino Bartolini
L’uomo è creato per la vita, collocato dal Creatore in questo mondo in stato di grazia, dopo un periodo di tempo stabilito da Dio di esistenza sulla terra, egli sarebbe stato assunto in cielo anima e corpo a contemplare il suo Creatore , principio e fine di tutti e di tutto.
L’uomo però, per sua libera scelta, tentato dal maligno, incappò nella morte, come il Signore lo aveva avvisato, ed andò pure incontro ai prodromi della morte, vale a dire andò soggetto all’ignoranza , alla fatica, al dolore, alla sofferenza, al timore.
La sentenza divina risuonò solenne ed irrevocabile per lui che era creato per la vita: “Ricordati, uomo, che sei polvere e tale ritornerai”.
L’uomo, però, anche nella condizione di essere mortale, ha sempre sentito fortemente in se, nel suo intimo, il desiderio della vita, la ricerca della vita, il richiamo potente e la nostalgia alla felice condizione da cui era caduto. L’uomo, non illuminato dalla fede e non confortato dalla speranza di un’esistenza altre la tomba, di fronte alla morte ed al disfacimento del sepolcro e di fronte all’incertezza o al buio per il dopo, cade o nella tristezza o nel disordine, nella prassi cioè della teoria: “Carpe diem”; vale a dire: godiamocela oggi , di doman non v’è certezza, non vi è nulla, purtroppo l’apparenza è quella.
L’uomo, anche se ha creduto, attraverso i millenni della storia, in un’esistenza ultraterrena, l’ha sempre immaginata o triste, o incerta, o circondata da una realtà ombrosa, sicuramente non attraente, né confortante.
Dio che è amore, che ha creato tutto per amore e con amore e sapienza, che è padre di misericordia e volontà di salvezza, non ha lasciato l’uomo in balia della triste sorte del peccatore con tutte le conseguenze derivanti, ma ha stabilito, da attuarsi nei modi e nei tempi da Lui previsti, un programma di recupero, di ripristino, di redenzione e di salvezza. Programma predetto e preparato nei tempi antichi per mezzo dei profeti, attuato nella pienezza dei tempi per mezzo di Gesù Cristo, vero dio e vero uomo.
Fin da prima della creazione del mondo, Dio ci ha scelti, per mezzo di Cristo, per renderci santa davanti a Lui e senza difetti. Nel suo amore aveva già deciso di farci diventare suoi figli per mezzo di Gesù Cristo. Così ha deciso perché così ha voluto nella sua bontà. A Dio, dunque, sia lode per il dono meraviglioso che Egli ci ha fatto per mezzo di Gesù Cristo, suo amatissimo figlio; perché Cristo è morto per noi e noi siamo liberati e i nostri peccati siano perdonati.
Questa è la ricchezza della grazia di Dio. Egli l’ha data a noi con abbondanza.
Per entrare a far parte dell’economia divina della grazia santificante e della redenzione e dei suoi frutti l’uomo non ha da fare altro che mettersi in pronto e sincero atteggiamento di ascolto e di fede nei confronti di Gesù, nell’apertura di mente e di cuore, di accettazione ed accoglienza generosa e gioiosa di colui che viene nel nome del Signore. In Cristo gli uomini hanno la grande promessa ed il grande dono. Dio è il verace: ciò che Egli dice è verità.
Dio è fedele, mantiene cioè quanto Egli ha promesso, quanto ha detto. Ascoltiamo attentamente il Cristo, crediamo in Lui, apriamoci a Lui, accogliamolo per stabilire con Lui una comunità ed una comunione di vita.
Parla il Maestro Divino: “Non datevi da fare per il cibo che si consuma e si guasta, ma per il cibo che dura e che conduce alla vita eterna. Ve lo darà il Figlio dell’Uomo. Dio ha messo in Lui il suo segno di approvazione. La gente domandò a Gesù: quali sono le opere che Dio vuole da noi? Siamo pronti a compierle. Gesù rispose: un’opera sola Dio vuole da voi: che crediate in colui che Egli ha mandato. Ve lo assicuro: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane che da la vita. I vostri antenati – nel deserto – mangiarono la manna e poi morirono ugualmente; invece il pane venuto dal cielo è diverso: chi ne mangia non morirà. Io sono il Pane venuto dal cielo, se uno mangia di questo pane vivrà per sempre. Il pane che io gli darò è il mio corpo, dato perché il mondo abbia la vita”. Gesù continua: “Io vi dichiaro una cosa: se non mangiate il corpo del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno, perché il mio corpo è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane unito a me ed io a lui”. (Dal capitolo 6 di Giovanni).
Gesù realizza questa sua divina promessa in maniera straordinariamente semplice e bella la sera della sua ultima cena con i discepoli porgendo ad essi il pane che Egli ha spezzato ed il calice di vino, su cui ha invocato la benedizione, dicendo: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo; prendete e bevete, questo è il mio sangue sparso per voi e per tutti in remissione dei peccati”.
Nell’episodio evangelico della risurrezione di Lazzaro, episodio che fa bellissimo gemellaggio con il discorso tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao e di cui abbiamo riportato alcune frasi, Gesù rivela, parlando a Marta di Betania, che Lui stesso è la risurrezione e la vita. “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se morto vivrà, e chiunque crede e vive in me non morirà in eterno”. (Giovanni 11, 25-26).
Offrendo pronta e gioiosa accoglienza a Cristo in noi, noi riceviamo la vita perché la vita è Lui: “Egli era la vita e la vita era luce per gli uomini”. (Giovanni 1, 4).
Nel libro profetico dell’Apocalisse Gesù parla a tutti: “Ascoltate: io sto alla porta e busso, se uno mi sente e mi apre, io entrerò e ceneremo insieme, io con lui e lui con me”. (Apocalisse 3, 20).