Il Foglio Marzo 2012
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MARZO 2012Decalogo di salvezzadi P. Agostino Bartolini |
Molte persone, fra i credenti in Cristo, appartenenti a diversi ceti sociali e di cultura e di diverse scelte di stato di vita, che si chiedono o domandano ad altri: “Ma io mi salverò? Cosa posso o devo fare per salvarmi?”.
Domanda comprensibile perché riguarda, per ciascun uomo, il problema principale della sua esistenza. Tutti gli altri problemi sono relativi e quindi secondari, il problema della salvezza eterna riveste un’importanza senza confronti, ha un carattere di assoluta preminenza. Nel Vangelo leggiamo che un giovane domandò a Gesù: “Maestro, che cosa devo fare per conseguire la vita eterna?”. La risposta divina fu: “Osserva i comandamenti”. I comandamenti di Dio sono espressi chiaramente nei due libri dell’Antico Testamento, l’Esodo e il Deuteronomio, sono l’espressione chiara e solenne della legge naturale, legge stabilita dal Creatore non per popolo solo, né per un periodo della storia , ma per gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo e a qualsiasi fede religiosa o credo politico appartengano, o qualsiasi stato di vita e grado culturale. I comandamenti di Dio non vanno considerati come un’imposizione imposta all’uomo da un’autorità superiore per esprimere una supremazia o un’egemonia. Sono un’indicazione del Creatore alle sue creature affinché esse, seguendola fedelmente, camminino per la via sicura che porta alla salvezza. L’osservanza dei comandamenti di Dio da parte dell’uomo non toglie e non aggiunge nulla a Dio essendo Egli la perfezione infinita, il Signore del cielo e della terra, l’eterno e l’onnipotente, ma garantisce all’uomo la buona riuscita delle sue fatiche, del suo viaggio terreno, l’arrivo al porto della salvezza, la conquista della meta delle aspirazioni più belle, più nobili e pure. I comandamenti di Dio sono, per fare un paragone, come la segnaletica stradale; se questa viene osservata il viaggiatore arriva bene la dove ha deciso di andare, dove vuole arrivare, ma il viaggiatore che volesse andare dove e come gli pare, senza tener conto di nulla e di nessuno, ma solamente badando al suo capriccio, si espone, con molta probabilità, a seri rischi per sé e per gli altri. Oltre al decalogo espresso – come abbiamo già detto – nel Libro dell’Esodo (20, 1 – 17) e nel Libro del Deuteronomio (5, 6 – 91), troviamo il medesimo decalogo in forma un po’ diversa, ma sostanzialmente identico al primo, nel Libro dei Salmi. Proprio riguardo a questo libro sacro, tanto caro alla pietà e tanto importante per la preghiera sia privata che comunitaria, personale o liturgica, sia nell’antico Israele, sia nella Chiesa di Cristo, pensiamo di fare cosa gradita ed utile al lettore riportando alcune frasi di un decreto di Papa San Pio X. Ascoltiamolo: “I Salmi furono composti per divina ispirazione e si trovano raccolti nelle Sacre Scritture. Risulta che fina dagli inizi della Chiesa sono serviti, meravigliosamente, a nutrire la pietà dei fedeli. I cristiani, mediante i Salmi, offrivano continuamente a Dio il sacrificio di lode, cioè il frutto delle labbra che rendevano omaggio al suo nome. Nei Salmi si trova una sorprendente efficacia per suscitare negli animi di tutti il desiderio della virtù. Benché tutta la Sacra Scrittura, sia antica che nuova, sia divinamente ispirata ed utile all’istruzione, però il Libro dei Salmi, secondo S. Atanasio, è – per così dire – il “giardino paradisiaco” nel quale si possono cogliere i frutti di tutti gli altri libri ispirati. I Salmi accendono l’amore a Cristo perché sono come un quadro che presenta, ben delineata, l’immagine del Redentore. Giustamente, dunque, S. Agostino sentiva, in tutti i Salmi, la voce che esultava o gemeva, che si allietava nella speranza o che sospirava alla meta”. Andiamo ora a leggere e meditare tutto il Salmo 14, non è lungo, da ultimo lo riporteremo per intero, intanto andiamo ad ascoltare ciò che, attraverso di esso, lo Spirito Santo dice alla Chiesa. Si parte proprio dalla domanda che ci siamo posto da principio: “Mi salverò io?”. “Vedrò Dio?”. “Andrò in Paradiso a contemplare il volto di Dio?”. Ricordiamo che la Sacra Scrittura, quindi anche il Libro dei Salmi, dovendo adattarsi a noi, usano un linguaggio figurato, un modo di parlare antropomorfo, cioè un linguaggio a portata d’uomo. “Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sul tuo santo monte?”. Ecco la risposta: “Colui che cammina senza colpa”. Nessuno è senza colpa davanti a Dio, il quale giustifica tutti coloro che credono in Lui e che osservano la sua Parola con amore e perseveranza, non a parole soltanto, ma con le opere, con la mente pura e cuore sincero. “Colui che agisce con giustizia e parla lealmente”. Chi non dice calunnia con la lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulto al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore”. Bisogna evitare le occasioni di male, le cattive compagnie e fuggire le tentazioni che mirano contro lo Spirito e contro Dio. “Anche se giura a suo danno non cambia, chi presta denaro senza fare usura e non accetta doni contro l’innocente”. Per non essere indotti ad affermare il falso in giudizio e rendersi colpevole della condanna dell’innocente. “Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre”. Nella sua brevità il suddetto Salmo è una meravigliosa regola di vita secondo la volontà di Dio, è una bella disposizione interiore ed una bella preparazione all’incontro con Dio alla vita eterna. |