Il Foglio Novembre 2012

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NOVEMBRE 2012

Le vie di Dio – 1° parte

di P. Agostino Bartolini

Sono molte, meravigliose e misteriose le vie di Dio.

Per “via” intendiamo dire anche modi, vie e modi per cui Egli viene a noi, si manifesta a noi, si unisce a noi con vincoli di amore e di fedeltà facendosi come uno di noi per attirare a sé tutti gli uomini, purificarli, trasformarli, beneficarli, divinizzarli.

L’apostolo Paolo, nella sua lettera ai Romani, riguardo  a questo argomento, si esprime: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi ed inaccessibili le sue vie. Infatti chi ha mai potuto conoscere il pensiero del Signore! O chi è mai stato suo consigliere, o chi gli ha dato qualcosa per primo si che abbia a riceverne il contraccambio?”.

Dio viene a noi. Dio chiama l’uomo a sé, lo chiama ad ascoltarlo, a seguirlo, al compimento di un’opera o allo svolgimento di un programma in stretta obbedienza, fedeltà e perseveranza all’azione della sua grazia che è sempre espressione della sua volontà, che è volontà di vita, di pace, di salvezza e santità.

Dio, pur potendo fare tutto da sé perché Egli è l’onnipotente, sembra non possa fare a meno dell’uomo. Con questa sua apparente e divina necessità, Dio esprime il suo amore all’uomo e lo chiama a svolgere il ruolo di collaboratore.

Dio è amore, come ci rivela l’apostolo Giovanni, come tale, allora, si comporta da pari suo. Per natura è portato a diffondersi, a donarsi, ad unirsi, ad unire a sé per nobilitare e trasformare in sé.

Nella grande opera della redenzione umana Dio, riguardo all’uomo, prende l’iniziativa a distanza per giungere, attraverso avvenimenti, succedersi dei tempi e diversità di luoghi, al perfezionamento dell’opera da Lui pensata e programmata fin dall’eternità.

Riguardo a questo abbiamo una riprova, un esempio bellissimo nella vocazione di Abramo, dalla cui discendenza sarebbero giunti a noi, secondo la carne, Gesù Cristo, il Verbo di Dio incarnato e la Madre sua Immacolata, la Vergine Maria.

Ascoltiamone la storia e cerchiamo di penetrarne la conoscenza e la vastità, anzi l’immensità, della sua portata a vantaggio dell’intero genere umano.

“In quei giorni il Signore disse ad Abram: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre verso il paese che ti mostrerò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò ed in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”. Allora Abramo partì come gli aveva ordinato il Signore”. (Genesi 12, 1-4).

Per imboccare e percorrere la via indicata da Dio all’uomo, questi non deve interporre indugi, non può porre condizioni, ma ha da muoversi prontamente, incondizionatamente e partire lasciando tutto e tutti, lasciando prima di ogni cosa sé stesso e mettersi in viaggio con fede, con fiducia, con coraggio e avanti senza rimpianti e senza ritorni, perché chi mette mano all’aratro e poi si volta indietro non è adatto per il Regno dei Cieli.

Abramo lascia tutto e parte, crede in Dio, ha fiducia in Dio, si rimette totalmente a Dio al quale si rivolge spesso per adorarlo e per supplicarlo con l’erezione di altare e l’offerta di un sacrificio nel luogo dove Dio, con la sua voce e la forza della sua grazia, lo spinge ad andare.

Abramo, per obbedire a Dio, si fa nomade dalla terra della Mesopotamia attraverso tutta la ragione dei Cananei, l’attuale Palestina, fino all’Egitto.

Ancora prima della proclamazione della legge sinaitica, Abramo è pienamente compreso della bellezza, della grandezza e dell’importanza dell’osservanza del primo e più grande comandamento: “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo, tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”.

La fede di Abramo in Dio ed il suo amore a Lui manifestano tutta la loro intensità e la loro sincerità nell’episodio del sacrificio del figlio Isacco sul monte Morla, figlio della promessa, alla discendenza del quale erano assicurate le divine promesse e benedizioni. (Genesi 22, 1-19).

I figli di Giacobbe, nipote di Abramo, con le loro famiglie, spinti dalla carestia, vanno con il loro padre in terra di Egitto dove, in maniera tutta particolare, attraverso passaggi dolorosi, misteriosi ed anche gloriosi, li aveva preceduti il fratello Giuseppe che diventa il loro salvatore e benefattore e sotto di lui gli israeliti, pur in terra straniera, diventeranno numerosi e forti.

Dio, attraverso una serie di vie e di momenti stabiliti dalla sua divina sapienza, potenza e paterna provvidenza, salva il piccolo Mosè da sicura morte, lo fa crescere ed educare a corte come un figlio di famiglia regale poi, attraverso altre vicissitudini, lo accompagna nel deserto del Sinai e lì, nella fiamma di un roveto ardente, gli si manifesta e gli fa conoscere la sua volontà: dovrà tornare in Egitto da dove è fuggito per evitare l’ira del faraone, dovrà andare davanti al medesimo faraone insieme al fratello Aronne, che gli fa da interprete, e dovrà condurre via dalla schiavitù egizia, con l’intervento della potente mano del  Signore, il popolo di Israele che era tanto cresciuto e dovrà portarlo nel luogo dell’apparizione del roveto ardente.

Mosè riceverà le tavole della legge dalla mano di Dio per il suo popolo, popolo che attraverso molteplici e disparate  vicende, ormai rinnovato ed istruito, entrerà nella terra promessa non sotto la guida di Mosè che muore, ma sotto la guida del suo successore Giosuè.