Il Foglio – Febbraio 2016
Febbraio 2016
PARLA IL CROCIFISSO
di P.Agostino Bartolini
Sulla cima del monte Tabor la voce del Padre Celeste, indicando Gesù trasfigurato, esorta ed invita tutti gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo con le solenni e chiare parole:
«Questi è il mio figlio, il Prediletto, ascoltatelo». Il Cristo dobbiamo ascoltarlo continuamente perché le sue parole sono spirito e sono vita ma, in modo particolare nel tempo liturgico della Quaresima, dobbiamo essere desiderosi di alimentarci, di vivere di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Gesù parla nella sinagoga, parla nel tempio, parla sul monte, parla sul lago, parla nel cenacolo e parla sulla croce. Proprio questo trono di gloria e questa cattedra di sapienza e di amor intendiamo prendere in considerazione ed ascoltare il re che vi è assiso, il Maestro che parla: «Teniamo lo sguardo fisso in Gesù; è Lui che ci ha aperto la strada della fede e ci condurrà sino alla fine. Egli ha accettato di morire in croce, e non ha tenuto conto che era una morte vergognosa perché pensava alla gioia riserbata per Lui in cambio di quella sofferenza. Ora Egli si trova accanto al Trono di
Dio». (Ebrei 12,2.). Gli evangelisti riportano sette parole, o frasi, pronunziate da Gesù crocifisso. La prima preoccupazione e la preghiera di Gesù mentre viene fermato con chiodi alla croce, è proprio per i suoi carnefici nei quali vi si raffigurano tutti gli uomini: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Gesù è veramente l’avvocato difensore che perora, presso il Padre, la causa dell’uomo peccatore e cerca di scusare e di attenuare la sua colpa. Accanto a Gesù vi è crocifisso anche un brigante, proprio verso di questo invia un raggio della sua grazie e lo converte. Quell’uomo appeso al patibolo riconosce in Gesù l’innocente ed il re di un grande regno; si rivolge a Gesù supplicandolo di ricordarsi di lui. Gesù, con dolce viso, risponde: «Oggi sarai con me in Paradiso». Ai piedi della croce, di fronte a Gesù vi è Maria, accanto ad essa vi è il discepolo che Gesù amava ed il gruppo delle pie donne: «Donna, ecco tuo figlio! Figlio, ecco tua madre». Con queste parole, rivolte a Maria ed a Giovanni Gesù proclama l’universale maternità di Maria e l’universale figliolanza degli uomini nei confronti di Maria. Gesù, assumendo natura umana da Maria e associandoci tutti a se, insieme a Lui diventiamo un solo corpo di cui Egli è il capo e noi le membra, siamo tutti figli della medesima madre e fratelli di Gesù e fra di noi. Il crocifisso, dopo aver amorosamente pensato e divinamente provveduto agli uomini, esprime i sentimenti e le sofferenze del suo cuore e della sua anima: « Ho sete!». A parte la sete fisica dei crocifissi, per la perdita di sangue, Gesù esprime la sua sete di amore, di riconoscenza da parte degli uomini per la salvezza dei quali compie il supremo sacrificio di se. «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» Gesù rivela la durezza e l’intensità delle sue sofferenze ed angosce interiori. Egli è l’uomo dei dolori nel pieno senso della parola; è il Maestro nella prova suprema, è l’Agnello Pasquale di Dio. Si appella a Dio quale unica speranza ed aiuto anche nel momento spinoso di un sensibile abbandono. «Tutto è compiuto!» E’ compita l’opera della redenzione, le fonti della salvezza sono aperte a chiunque si accosta con fede, sono compiute le antiche profezie, è compiuta la nuova ed eterna alleanza, la vita rifiorisce nel deserto, è aperta la via del ritorno in patria. A questo punto, al Redentore, non rimane che ritornare al Padre dal quale era stato inviato a riconciliare a se tutte le cose, perciò nell’atto di abbandono finale a Dio, Gesù esclama: «Padre nelle tue mani rimetto il mio spirito!». Dio, anche se prova duramente, non abbandona mai chi ama. la fede in questa verità è sorgente di coraggio, di speranza e di fiducioso abbandono. Il fuoco dell’amore di Dio brucia per purificare e per rendere prezioso chiunque a Lui si avvicina e si rivolge con umiltà e perseveranza.
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