Il Foglio – Giugno 2016

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Giugno 2016

LUCE, SAPIENZA E AMORE

di P.Agostino Bartolini

Una delle fondamentali leggi fisiche che regolano il movimento e la dinamica del mondo nei suoi molteplici aspetti e dimensioni e che regola pure il movimento degli astri ed i rapporti fra di loro nei loro complessi e grandi sistemi, è la legge dei contrasti così formulata dal fisico Newton: «Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria». Se questa legge si applica al mondo materiale, si verifica pure ed ha le sue applicazioni nel mondo spirituale. Questa legge che si applica al mondo spirituale è espressa dall’apostolo Giovanni con le parole opposte che troviamo nei suoi scritti: «Cristo-anticristo, luce-tenebre, vita-morte, amore-odio, spirito di Dio-spirito del mondo, figli di Dio e figli del diavolo etc.». Il perché dell’esistenza e dell’azione contraria di queste forze risponde ad una precisa disposizione, o permissione divina per la vita, la libera scelta, per la crescita, per il perfezionamento dell’uomo e di tutto quanto lo riguarda direttamente o indirettamente e si aggira attorno a lui, perché Dio ha creato il mondo e ne ha affidata la custodia, lo studio e l’amministrazione all’uomo. Alcune verità l’intelligenza umana le comprende facilmente, altre meno facilmente, altre poi rimangono difficilissime e, almeno per ora incomprensibili. Questo però non autorizza ad una resa, ma anzi lo incentiva e lo spinge alla messa in atto di tutti quei dono che egli ha ricevuto da Dio per una sua crescita in conoscenza, in sapienza, in progresso materiale, morale, culturale e spirituale, a fare risplendere in sé sempre di più l’immagine divina che in lui è stata impressa. Quanto detto fino ad ora trova la sua applicazione nella parabola del seminatore, come la descrive il Vangelo di Matteo (13,24-43): «Il Regno dei Cieli si può paragonare ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Mentre tutti dormivano venne un suo nemico che seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò». Gli effetti dell’azione del primo e del secondo si costatano presto: «Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania». Con la parola «zizzania» vengono espresse varie erbe come gramigna, loglio, ed altro che crescendo invadono il campo e sono di impaccio e di pericolo alla pianta buona perché le sottraggono il nutrimento e la soffocano. Si profila una reazione anche all’azione del seminatore di zizzania, reazione però non realizzata subito, ma lo sarà a suo tempo per disposizione del padrone del campo, il quale ha una logica diversa da quella dei suoi dipendenti: «Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: vuoi che andiamo a raccoglierla? No, rispose il padrone, perché non succeda che cogliendo la zizzania, sradicate anche il grano buono. Lasciate che l’uno e l’altra crescano insieme fino alla mietitura, allora dirò ai mietitori: cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano, invece, lo riponete nel mio granaio». La spiegazione della suddetta parabola è Gesù stesso a darla ai suoi discepoli in un secondo tempo, in casa raccolti attorno a Lui. Ecco la spiegazione: il seminatore è Dio, il campo seminato il mondo intero, il seme è la predicazione della parola di Dio, del Vangelo di Cristo per opera delle persone da Lui scelte ed inviate al compimento di questa missione, il buon grano sono i figli del Regno di Dio, cioè coloro che ascoltano la divina parola con desiderio ed amore e la custodiscono con fedeltà e perseveranza resistendo a tutte le tentazioni del demonio ed alle seduzioni del mondo; la zizzania, dice Gesù, sono i figli del maligno, coloro che hanno preferito le tenebre alla luce, l’errore alla verità, l’odio all’amore, il male al bene, la morte alla vita, gli idoli al vero ed unico Dio, l’anticristo al Cristo Figlio di Dio e salvatore. Il tempo della mietitura è la fine del mondo, fine che per ogni singolo uomo è al momento della sua morte, per l’intera umanità è alla fine del mondo, alla fine dei secoli; i mietitori sono gli angeli di Dio, i quali, fedeli e pronti esecutori della volontà divina, daranno a ciascuno secondo il merito delle opere sue. E’ una parabola, una verità che riguarda tutti e ciascuno di noi. La parabola che abbiamo ascoltato ci manifesta quanto è grande la misericordia di Dio riguardo all’uomo, riguardo a tutti gli uomini. Dio è il creatore che ama le sue creature, la sua volontà è volontà di salvezza. Il Libro dei Salmi ed i Libri Sapienziali ci ricordano spesso che Dio è clemente e misericordioso, che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva, che la misericordia divina è infinita ed eterna. Il Vangelo ci rivela che Cristo è venuto e che ha accettato liberamente la morte per dare la vita all’uomo e la conversione e la salvezza al peccatore, che viene fatta più festa in cielo per un peccatore che si pente che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. La parabola del figliol prodigo, la parabola della pecorella smarrita e ritrovata, son un meraviglioso canto alla misericordia divina che ha sì gran braccia che accoglie ognuno che si rivolge e si rifugia fiducioso in lei. La pazienza di Dio, ci ripete l’apostolo Pietro, è la nostra salvezza. Anche noi, come il Padre Nostro Celeste, siamo pazienti, misericordiosi, fiduciosi nel suo intervento, rimettiamoci alle sue disposizioni ed alle sue permissioni, preghiamo con fede e perseveranza nell’attesa della manifestazione gloriosa di nostro Signor Gesù Cristo. Consoliamoci in queste parole: «Signore, col tuo modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi, dopo i peccati, la possibilità di pentirsi». (Sapienza 12, 16-19).

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