Il Foglio Ottobre 2018

Ottobre 2018
ALLENARSI PER COMPETERE E VINCERE
di P. Agostino Bartolini
[dm]91[/dm]
Secondo l’insegnamento del Vangelo la pazienza e la perseveranza nella fede in Dio e nella fedeltà ed amore a Lui sono indispensabili per il conseguimento della vita eterna. Il Vangelo lo ripete: «Nella vostra pazienza vi salverete.» e «Chi avrà perseverato sino alla fine , costui sarà salvo.» Questa è una regola generale, è una disposizione normale, sia nell’ambito puramente terreno e materiale, sia nell’ambito spirituale ed eterno. Per il campo umano prendiamo vari esempi: per arrivare alla pensione occorrono determinati anni di lavoro ed il pagamento di un numero di marchette stabilito dalla legge. Per arrivare al premio, nel ciclismo, nel calcio, nella corsa ed in qualsiasi altro sport, bisogna tagliare il traguardo, chi non lo fa, qualunque ne sia la causa, viene squalificato dalla competizione. Come i lavoratori per la pensione, come gli sportivi per rimanere in gara praticano certe formalità e si attengono all’osservanza di un regolamento di vita ed ad un comportamento idoneo allo scopo da conseguire; così lo è per il cristiano nel suo cammino verso la salvezza, verso il premio finale, verso la ricompensa divina. Lo afferma l’apostolo Paolo: «Nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio. Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece per una incorruttibile.» (I^ Cor. 9, 24-25). Basandoci su questi principi, noi comprendiamo bene che abbiamo bisogno di un allenamento spirituale al fine di partecipare, con fiducia, alla gara che ci è proposta. Allora, essendo nel tempo liturgico della Quaresima, che è un momento opportuno di grazia e di salvezza, a ciascuno di noi conviene sottoporci a quelle forme di allenamento che l’insegnamento divino e la prassi della Chiesa ci consigliano. Questo allenamento si svolge in tre tempi, o per meglio dire in tre modi, tre sono gli esercizi che dobbiamo praticare, esercizi che s’integrano e si perfezionano a vicenda. I tre punti fondamentali di questo allenamento spirituale sono: la preghiera, il digiuno e la carità. Riteniamo opportuno dare un maggiore spazio al significato della parola «digiuno», quelli di «preghiera» e di «carità» hanno già un ampio campo di espressioni comprensibili bene a tutti. La parola «digiuno»», pertanto, non va intesa solamente come misura di peso di quanto possiamo mangiare e bere; il digiuno non si limita solamente agli alimenti, ma possiamo estenderlo alle parole, ai sentimenti, alla fantasia, agli impulsi istintivi dell’animo e del carattere, a certe tendenze per gli spettacoli e le letture che ben poco o nulla contribuiscono all’istruzione, alla vera informazione, alla cultura. Il digiuno non può limitarsi ad una pratica esteriore, ad un bisogno di interiorizzarsi e di estendersi non solo alla gola, ma a tutti i sensi esteriori ed interiori. Il cammino quaresimale, che vogliamo chiamare pure allenamento per la partecipazione alla gara e al conseguimento della vittoria, ha bisogno di essere continuamente perfezionato nelle sue varie componenti; ha bisogno di essere spiritualizzato, di essere reso vivo ed efficace. Cercando di riassumere quanto stiamo dicendo prendiamo in prestito, da S. Pier Crisologo, alcune frasi che s’intonano molto bene all’argomento che stiamo meditando. Tre sono le cose
per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno e la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, l’ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose: preghiera, digiuno e misericordia, sono una cosa sola e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia è la vita del digiuno. Nessuno le divida perché non possono stare separate. Colui che ne ha solamente una, o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega digiuni, chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda, chi vuole trovare aperto verso di sé il cuore di Dio, non chiuda il suo a chi lo supplica. Chi digiuna comprenda bene ciò che significa per gli altri non avere da mangiare; ascolti chi ha fame se vuole che Dio gradisca il suo digiuno; abbia compassione chi spera compassione; chi domanda pietà la eserciti. Chi vuole che gli sia concesso un dono apra la sua mano agli altri; è un cattivo richiedente colui che nega agli altri ciò che domanda per sé. Ognuno sia sé stesso per se regola della misericordia; il modo con cui ognuno vorrebbe che gli fosse usata misericordia, lo usi lui nei confronti del suo prossimo. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila tu per gli altri; offri agli altri quella pronta misericordia che tu desideri per te. Perciò preghiera, digiuno e misericordia sono, per noi, un’unica forza mediatrice presso
Dio, siano per noi un’unica difesa, un’unica preghiera sotto tre aspetti. Quanto col disprezzo abbiamo perduto conquistiamolo, di nuovo, col digiuno, immoliamo le nostre anime col digiuno perché non c’è nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta quando dice: «Sacrificio a Dio è uno spirito contrito; un cuore contrito ed umiliato tu, o Dio, non disprezzi.» (Salmo
50,19) O tu che digiuni sappi che il tuo campo resterà sterile se resta digiuna la tua misericordia, quello che tu, invece, avrai donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Dona te stesso usando misericordia verso chi ha bisogno; l’opera di carità è un deposito sicuro nella cassaforte della vita eterna; sarà tuo per sempre.
[dm]91[/dm]